Il luogo del furore e del poeta ingegnere
C'è più di una ragione che spinge alla scelta di Leonardo Sinisgalli come personaggio-simbolo della
Basilicata nelle celebrazioni dell'Unità d'Italia.
Questo ruolo non so se il poeta-ingegnere l'avrebbe accettato sino in fondo, lui che amava lasciarsi attraversare dal demone della contraddizione e,
come ogni buon lucano, da quello dell'insoddisfazione.
Sostenne che doveva andarsene, perché "quaggiù la terra [aveva] dato tutti i suoi frutti"; giustificava così la sua scelta di esule.
Ma in questo migrare con approdo negli anni Trenta a Milano, capitale morale nell'altra Italia, portava dentro di sé risorse inesauribili che
avrebbero alimentato la vena creativa e una potente azione di svecchiamento della cultura italiana nella sede di più alta rappresentatività.
In termini di autobiografia storica Sinisgalli annotava che un giorno ci si dovrà pur interrogare sull'importanza "di quei tre quattro poeti del
Regno delle Due Sicilie" non già, o non solo, nel campo propriamente letterario, ma nella più generale apertura al nuovo e al campo delle
arti applicate. Non sfugga l'osmosi tra i giovani meridionali "che avevano ancora sulle labbra il sapore del nettare" e la città carica "di ciminiere
e di coke metallurgico"; questo significativo processo d'integrazione, con gli immancabili attriti, ha contribuito non poco alla diffusione di una
più larga coscienza unitaria.
Si lega il nome di Sinisgalli alla civiltà delle macchine; ed è un dato inoppugnabile. Preme però illuminare il particolare atteggiamento che
egli tiene: non la feticizzazione, ma il tentativo d'inserirvi l'elemento umano, retaggio della civiltà di provenienza. L'aver voluto coniugare
l'arcaico mondo della Lucania e le suggestioni più spinte della modernità, in una sfida ardua e affascinante, garantisce a Sinisgalli una sicura
esemplarità storica e culturale. Dietro la concezione del design c'è lo stagnino di Montemurro e la Bauhaus. La sua Weltanschauung non prevede
dualismi e fratture, ma integrazione. Per intenderlo basta sfogliare la superba rivista "Civiltà delle Macchine" e verificare nel concreto la naturale
convivenza del mondo febbrile dell'industria con il sostrato mitico e antropologico della terra lucana, rievocato per lo più nelle poesie e
nelle prose di memoria e d'invenzione.
E si consideri quanto fruttuosa possa essere siffatta ideologia per proporre uno sviluppo equilibrato che nulla rinnega, meno che mai il progresso.
Sinisgalli è paradigma intellettuale di stampo "leonardesco", si diceva una volta; oggi, nel tempo della complessità è forse preferibile
insistere sulla necessità, fortemente asserita, dell'integrazione tra i saperi per un efficace sguardo sistemico, nell'unità. Una visione
olistica – risposta alla frantumazione dei nostri tempi – che Sinisgalli trovò nel modo di essere della civiltà contadina e colse a volo.
La Basilicata la offre in dono come presidio ai precipitosi mentori della modernità.
Franco Vitelli